Nell’entroterra spezzino e genovese, in particolare in Val di Vara, Val Graveglia e Valle Stura, è facile degustare questo tipico pane autunnale, il Pan Martìn.
L’appennino ligure non è adatto alla coltivazione di cereali e il castagno è invece sempre stato una delle fonti più importanti dell’economia ligure, basti pensare che in dialetto genovese viene indicato semplicemente come “l’Erbu” (l’albero).
Il frutto veniva usato fresco oppure veniva seccato grazie al calore di un focolaio per prepararne successivamente la farina. La prima farina era tradizionalmente pronta l’11 novembre, il giorno di San Martino, ed ecco l’origine del nome di questo buonissimo pane.
Ma non si scartava niente: i ricci venivano usati per accendere il fuoco, i rami diventavano legna da ardere, le foglie secche diventavano il letto degli animali e con i polloni si intrecciavano canestri.
Io ho passato l’infanzia nell’entroterra genovese ma ero molto piccola e non ricordo di averlo mai mangiato. Poi mi sono trasferita in riviera e lì sono sicura di non averlo mai visto neppure nei forni più famosi. E’ sicuramente una peculiarità delle valli.
M’è venuto in mente un po’ per caso, passeggiavo nei dintorni di casa e nel vedere l’esplosione dell’autunno ho ricordato con un po’ di malinconia il castagneto che avevo vicino casa quando ero bambina. Adoravo quei colori e mi piaceva tanto vedere i ricci dischiusi per terra. Poi sono tornata in me e ai piedi non avevo nessun riccio ma dei bellissimi fiori rosa di oleandro forse staccati dal vento. La natura è sempre meravigliosa.
E così l’ho cercato e l’ho fatto, senza grandi speranze perchè per quanto ami la castagna fresca non impazzisco per il castagnaccio e per le cose ricavate dalla sua farina. E quanto mi sbagliavo!
Certo, per la natura della farina non è un tipo di pane soffice e alveolato, ma è buono per davvero! La castagna si sente molto, forse riducendola di un 50 gr si riesce ad ottenere ancora maggiore morbidezza, anche se prima sarei tentata di fare un tentativo col water roux o con la pasta madre…. mmmh, vi saprò dire!
Comunque è fantastico, si mantiene diversi giorni nonostante sia fatto con il lievito di birra e siccome è per sua caratteristica un po’ dolciastro io l’ho trovato buonissimo al mattino, appena scaldato con un velo di confettura. Ma anche con una bella fetta di speck…..spacka! 😉
INGREDIENTI
Per la biga
100 gr farina Manitoba
50 gr acqua
1 gr lievito birra
Per l’impasto
350 gr farina tipo 1 W320 (ho usato 280 gr di Manitoba 1 per salati Lo Conte e 50 gr farina 00 comune)
150 gr farina di castagne
150 gr biga
6 gr lievito di birra fresco
350 gr acqua
10 gr olio extravergine di oliva
13 gr sale
160 gr gherigli di noci
PREPARAZIONE
La sera prima (io ore 18:00) impastare per pochi minuti la biga mettendo in una ciotola l’acqua in cui si è fatto sciogliere il lievito e la farina. Impastare velocemente e brevemente, si devono ottenere delle briciole. Coprire con pellicola e lasciare fermentare ad una temperatura di 18-20°C per un tempo che può andare dalle 16 alle 20 ore.
La mattina successiva (io ore 10:00) mettere nella ciotola dell’impastatrice le farine, la biga, il lievito di birra sbriciolato, l’acqua e l’olio. Impastare fino ad arrivare ad incordatura quasi completa, poi aggiungere il sale.
Quando l’impasto si stacca dalle pareti aggiungere i gherigli di noci spezzati grossolanamente, e lasciare impastare ancora pochi minuti in modo che si distribuiscano nell’impasto.
Trasferire l’impasto su una spianatoia, dargli una forma a palla e metterlo in una ciotola unta con olio e coperta da pellicola in luogo tiepido a riposare per circa 1 ora.
Prendere l’impasto e dare delle pieghe del primo tipo (quelle a tre) all’impasto. Coprire e lasciare riposare 30 minuti. Dopo il riposo arrotolare bene e mettere a lievitare con la chiusura verso l’alto in un cestino da lievitazione abbondantemente spolverato di farina per circa 90 minuti. In ogni fare fare la prova dito *.
Rovesciare la pagnotta sopra una teglia o sulla pietra refrattaria, fare un taglio a croce sulla superficie e infornare in forno caldo a 230°C. Dopo 20 minuti abbassate a 200°C e proseguire la cottura ancora per 40 minuti. Bussare il pane sotto, se suona vuoto esignifica che è cotto.
Trasferirlo su una gratella e lasciarlo raffreddare completamente.
*la prova dito consiste nel toccare con decisione e con entrambe le dita contemporaneamente i lati lunghi del pane.
Se la fossetta torna indietro lentamente e lascia un segno lieve, il pane è pronto.
Se la fossetta torna indietro velocemente non è pronto.
Se non torna indietro, siete in ritardo.
In questi giorni ho riordinato la dispensa: ho scovato un pacchetto di farina di castagne e mi stavo giusto domandando come consumarlo. Tu mi hai dato la dritta giusta… questo fine settimana mi metto all’opera!
Bellissimo post, ricco di poesia e di nostalgia.
Un abbraccio.
Grazie mille Mapi!!! Sono curiosa di sapere se ti è piaciuto, un abbraccio!